Rita Iacomino
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 “Ostriche a mezzogiorno” di Rita Iacomino
(dalla presentazione del 9 aprile 2016 a Limbiate - MB) 

​Commento critico a cura di Rodolfo Vettorello, 
presidente del sodalizio culturale Cenacolo Letterario Internazionale AltreVoci
PictureRodolfo Vettorello
E’ un privilegio dire per primo qualcosa su Rita e sulla sua scrittura e conoscendola bene e da così tanto tempo potrei parlare a lungo sottraendo agli altri relatori tutti gli argomenti a disposizione, cosa questa che non voglio per cui mi limito a dire solo un paio di cose.
Se alla poesia si addicono tante diverse definizioni, tutte centrate ma alla fine nessuna davvero esaustiva, penso che la poesia possa essere a volte anche Terapia. Questo mi pare vero nel caso particolare di Rita e che nel caso suo la poesia sia servita tra le altre cose a conquistare a fatica coscienza di sé e delle proprie potenzialità umane, prima ancora che letterarie.
Questo significato è particolarmente vero per noi che abbiamo potuto seguire la sua evoluzione appunto umana e letteraria.

IL linguaggio stringato e quasi epigrammatico delle prime raccolte è virato col tempo verso forme più aperte e colloquiali per aver trovato il coraggio di dire di sé con maggiore sicurezza.
Rita si vanta di una frase che ho speso per lei in una precedente prefazione, una frase in cui ho citato, parlando di lei, ho citato Eliot e questo senza dare spiegazioni. La poesia di Rita non è mai solo descrittiva anche se abbondanti sono le citazioni del suo mare e dei suoi amati paesaggi d’Abruzzo. Noi, come giurati in tanti Premi Letterari  siamo subissati da tanta poesia solo descrittiva e da una marea di modesti autori che si beano di immagini scontate e di luoghi comuni, di parole e simboli a torto considerati poetici o lirici come , gabbiani, aquiloni, passerotti,  e altre amenità. La loro poesia si ferma e si compiace delle più varie descrizioni e basta.
Eliot ha suo tempo aveva osservato come fosse indispensabile perché un testo in versi potesse qualificarsi come poesia che fosse verificata la condizione che ogni aspetto del mondo circostante venisse messo in stretta relazione con il momento intimo di chi volesse scrivere poesia. Aveva chiamato questo elemento  “correlativo oggettivo”. Non era una sua invenzione che potesse dare a un testo poetico le stigmate della poeticità tuttavia poteva essere ed è accaduto che sia diventato uno strumento valido di giudizio sul valore di un testo poetico.
Nella poesia di Rita, come in quella di molti di noi e suppongo in modo assolutamente istintivo, questa caratteristica è verificata.

Nessun apparentamento della scrittura di chi conosco e in particolare di Rita con la poesia di Eliot, peraltro noiosissima e illeggibile. Lui poi  umanamente condannabile e ripugnante per il plagio della poesia della moglie.
Niente altro dobbiamo a Eliot che essere stato un buon osservatore.  Del resto “correlativo oggettivo” è la spiegazione della poesia moderna di valore. Sto pensando a L’Aquilone di Pascoli, alla Pioggia nel Pineto di Gabriele D’Annunzio per non parlare della bellezza assoluta di La Ginestra di Giacomo Leopardi.
Mi fermo qui anche perché queste citazioni non vorrei che facessero lievitare l’autostima di Rita che ha già buoni livelli  per essere riuscita a coinvolgere in questa serata personaggi come Carmelo Consoli Presidente della gloriosa Camerata dei Poeti di Firenze e Alessandro Quasimodo che tutti conosciamo come generoso amico ma anche come critico letterario esigente e a volte spietato.  Grazie.  

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