Rita Iacomino
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seduti l'uno di fronte all'altra. a sgranocchiare patatine, addentare spiedini, e lasagne, e polpette al sugo, parlando  di poesia. perché ho capito che rita di poesia parla solo se è a pancia piena. e siccome per me è lo stesso....vai di forchetta!
 
orbene, domande idiote (mie, ovviamente). cosa ne pensi dell'arte, della funzione dell'artista, dell'amore, dell'uomo. lei sfugge, mi guarda, un po' silenziosa. poi capisco che è lì, negli occhi, che devo cercare le risposte alle mie domande. inutile cercarle sulle sue labbra, perché se non impegnate ad addentare una melanzana, sono distese in un sorriso.
qualcosa mi dice, anche se sbuffa. cerca di distrarmi, raccontandomi del prossimo libro di poesie che la preoccupa.  parla rita, tanto, tanto. non smette mai. ed è contraerea,  precisa, che spara diritta alle mie orecchie. e dove non riesce a confondermi con le parole, la mia visuale è colma della sua chioma.
indolente la poetessa. penso.
ormai provato dallo sforzo, mi ritiro. stanco ma non sconfitto. tento una manovra di aggiramento. spirito di Von Clausewitz aiutami tu!
mi invento che sono un esperto di analisi del capello e in piedi, alle sue spalle, comincio a spulciarne la pelliccia. rita piega la testa ora di qua, ora di là. mi chiede di me, di mio figlio. poi la sua vita, ad intermittenza, come luci di un natale. intensa come una fede da osservare nel profondo.
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​io ascolto lei, e lei ascolta me. ho le mani nei capelli, nel vero senso della parola. e finalmente capisco cosa sta cercando di dirmi da tre ore. che è inutile interrogarla sui suoi libri, sull'arte. se voglio capirci qualcosa della sua poetica devo parlare con lei del più e del meno. perché è lì che è rita. proprio lì in mezzo. al centro della vita. con i suoi alti e bassi.
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rita, la semplice.
Duridorecchio
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