Intervento di Carmelo Consoli, presidente La Camerata dei Poeti
a San Vito Chietino 13.7.2019
a San Vito Chietino 13.7.2019
E' un vero piacere ritrovarmi ancora una volta a San Vito per parlare di scrittura poetica con voi e con gli amici qua al tavolo , tutte importanti personalità di cultura del panorama nazionale, e quindi ringrazio la buona sorte che mi porta ogni anno in questo paradisiaco angolo della nostra bella Italia.
Ancora una volta mi ritrovo a commentare un volume, anzi due per l'occasione, dell'amica Rita Iacomino alla quale vorrei dare, cosa che mi ero ripromesso di fare da tempo, una definizione breve, secca, un'appellativo che la possa rappresentare al meglio all'istante, per il suo contenuto poetico come uso fare per altre autrici amiche, tipo l'amica Roberta Degl'Innocenti a cui ho affibbiato l'appellativo di Fata Fanciulla.
La chiamerò pertanto, affettuosamente,” la poetessa dell'attesa del momento magico dell'amore”
Questa sera , per la nostra delizia , l'autrice ci presenta un piatto, è proprio il caso di dirlo, culturale e letterario di tutto rispetto, un abbinamento di favole e canti d'amore veramente suggestivo che ne scopre, ammesso che ve ne fosse bisogno, i tratti essenziali di donna e scrittrice al tempo stesso, i suoi poli opposti ma convergenti, il suo porsi e proporsi al mondo.
Se da una parte la nostra Rita affonda la sua fervida fantasia nel surreale pianeta delle favole, ripercorrendo le tappe di una mai spenta adolescenza, dall'altra si scopre donna nel pieno delle sue sensualità e dei suoi sentimenti con il volume “ Fritto misto”che dopo “Ostriche a mezzogiorno” rappresentato qua nel 2016, continua la saga della magia dell'amore vissuto nel suo istante topico, poi svanito e ritornato nel suo sogno rigenerante.
Un libro composto con una suadente miscela di inquetudini, solitudini ed attese che si ricomponga il quadro desiderato dal cuore e dall'anima.
Ma veramente interessante è questo suo stare poetico sul fragile filo di un “magic moment” perenne.
Ed è altrettanto fonte di curiosità la titolazione dei suoi ultimi volumi poetici: Ostriche a mezzogiorno, Fritto misto; ossia l'elogio di una banchettare felice col suo amato al cui culmine si scopre una fenditura profonda di amarezze, disillusioni e soprattutto di attese rigenerative.
E dunque come per il libro di poesie precedente il canto d'amore della nostra Rita è sostanzialmente quello della felicità sospesa in una bolla d'incanto ( che è quella della impossibile realizzazione) dove l'amarezza del distacco, dell'attesa, del non ritorno del suo uomo si fondono con gli splendidi irripetibili momenti vissuti.
Si direbbe un canto incentrato sull'aspetto del non essere, del non materializzarsi e riproporsi
Dobbiamo dedurre quindi che per lei la vera intimità felice non stia nel ritorno reale e fisico dell'amato in quanto ciò non produrrebbe più l'originaria fascinazione ma nel cantare l'istante paradisiaco vissuto tentando un ritorno che sa già in partenza non possibile.
Un vero e proprio richiamare il carpe diem vissuto, un fascinoso dèjà vous, che la sua femminilità reclama all'infinito.
Questa silloge presenta un'autrice che ha affinato ancora il suo linguaggio poetico, rivestendolo a mio giudizio, di una maggiore e migliore atmosfera descrittiva dove tutto ha un'aria ovattata, languida, malinconica dal gusto dolce amaro, come in una sorta di stagione autunnale ( vedi la poesia “La differenza” o “La fuga” o “La cena” e dove tutto si compie generalmente alla fine e all'inizio del giorno, riproponendo all'infinito i cicli del morire e del rinascere.
La sua lente deformante di poeta( per usare sue parole) traguarda interni ed esterni nella loro dimensione onirica e a tratti si fa reportage dinamico come nelle poesia“ Venezia 2004”a tratti sapiente carrellata di primi piani e di un continuo morbido fluire come nelle poesie “ Nella baia l'assenza” o” Euforia” oppure“ Spaginato” una delle più belle poesie del volume.
Interessante questo libro anche per le poesie dedicate come quella per Alessandro Quasimodo, e penso che egli sia lusingato di come sia stato rappresentato in brevi e incisivi tratti sia fisicamente che nella sua umanità, quella per il nipote Edoardo che poi ritroveremo in una delle sue favole, e altre a Mario suo fratello e Camilla e così via.
Ancora una volta dunque ci troviamo di fronte ad una tipica poesia al femminile., di sguardi, corpi, sensualità, turbamenti,..ma con maggiore consapevolezza del dono d'amore ricevuto e non più ripetibile( come nella poesia : Tutto quello che non sei” e “ Colazione a sorpresa” dove minori sono gli slanci amorosi e maggiore è la dolcezza del ricordo, la ricerca di una sponda, oasi di rigenerazione delle sue ferite d'amore..
Che dire poi delle sue favole?
Un full immersion nella surreale e straripante fantasia fanciullesca con mondi e territori dalla “Città piangente”, alla “Contrada del melograno” in cui la sapiente regia dell'autrice ci porta in un sognante stupore e poi quella : “ Cavalletta con i capelli da medusa”, un racconto che affonda in una realtà parentale, appunto col nipote Edoardo, per poi dilatarsi nell'onirico spazio della favola.
Non bisogna neanche dimenticare la sua narrativa dell'inconscio e del subconscio rivelatasi soprendentemente con il suo libro “ Antichi sussurri”, dove fantastici, freudiani e liberatori spazi aprono e dilatano , distorcono orizzonti seguendo segrete, profonde, , taciute aspirazioni.
Dunque molto interessante questa serata, ma del resto è sempre così quando è in scena questa bella, giovanile signora dalla straripante capigliatura e dal sorriso da cui è impossibile non essere contagiati che è Rita Iacomino, la quale ancora una volta con la sua scrittura poetica, spontanea, istintiva, sincera, legata saldamente alle maglie della quotidianità ,agli atti, al procedere di una umanità viva e fragile nella carne e nello spirito , ci ha stregato.
Ancora una volta mi ritrovo a commentare un volume, anzi due per l'occasione, dell'amica Rita Iacomino alla quale vorrei dare, cosa che mi ero ripromesso di fare da tempo, una definizione breve, secca, un'appellativo che la possa rappresentare al meglio all'istante, per il suo contenuto poetico come uso fare per altre autrici amiche, tipo l'amica Roberta Degl'Innocenti a cui ho affibbiato l'appellativo di Fata Fanciulla.
La chiamerò pertanto, affettuosamente,” la poetessa dell'attesa del momento magico dell'amore”
Questa sera , per la nostra delizia , l'autrice ci presenta un piatto, è proprio il caso di dirlo, culturale e letterario di tutto rispetto, un abbinamento di favole e canti d'amore veramente suggestivo che ne scopre, ammesso che ve ne fosse bisogno, i tratti essenziali di donna e scrittrice al tempo stesso, i suoi poli opposti ma convergenti, il suo porsi e proporsi al mondo.
Se da una parte la nostra Rita affonda la sua fervida fantasia nel surreale pianeta delle favole, ripercorrendo le tappe di una mai spenta adolescenza, dall'altra si scopre donna nel pieno delle sue sensualità e dei suoi sentimenti con il volume “ Fritto misto”che dopo “Ostriche a mezzogiorno” rappresentato qua nel 2016, continua la saga della magia dell'amore vissuto nel suo istante topico, poi svanito e ritornato nel suo sogno rigenerante.
Un libro composto con una suadente miscela di inquetudini, solitudini ed attese che si ricomponga il quadro desiderato dal cuore e dall'anima.
Ma veramente interessante è questo suo stare poetico sul fragile filo di un “magic moment” perenne.
Ed è altrettanto fonte di curiosità la titolazione dei suoi ultimi volumi poetici: Ostriche a mezzogiorno, Fritto misto; ossia l'elogio di una banchettare felice col suo amato al cui culmine si scopre una fenditura profonda di amarezze, disillusioni e soprattutto di attese rigenerative.
E dunque come per il libro di poesie precedente il canto d'amore della nostra Rita è sostanzialmente quello della felicità sospesa in una bolla d'incanto ( che è quella della impossibile realizzazione) dove l'amarezza del distacco, dell'attesa, del non ritorno del suo uomo si fondono con gli splendidi irripetibili momenti vissuti.
Si direbbe un canto incentrato sull'aspetto del non essere, del non materializzarsi e riproporsi
Dobbiamo dedurre quindi che per lei la vera intimità felice non stia nel ritorno reale e fisico dell'amato in quanto ciò non produrrebbe più l'originaria fascinazione ma nel cantare l'istante paradisiaco vissuto tentando un ritorno che sa già in partenza non possibile.
Un vero e proprio richiamare il carpe diem vissuto, un fascinoso dèjà vous, che la sua femminilità reclama all'infinito.
Questa silloge presenta un'autrice che ha affinato ancora il suo linguaggio poetico, rivestendolo a mio giudizio, di una maggiore e migliore atmosfera descrittiva dove tutto ha un'aria ovattata, languida, malinconica dal gusto dolce amaro, come in una sorta di stagione autunnale ( vedi la poesia “La differenza” o “La fuga” o “La cena” e dove tutto si compie generalmente alla fine e all'inizio del giorno, riproponendo all'infinito i cicli del morire e del rinascere.
La sua lente deformante di poeta( per usare sue parole) traguarda interni ed esterni nella loro dimensione onirica e a tratti si fa reportage dinamico come nelle poesia“ Venezia 2004”a tratti sapiente carrellata di primi piani e di un continuo morbido fluire come nelle poesie “ Nella baia l'assenza” o” Euforia” oppure“ Spaginato” una delle più belle poesie del volume.
Interessante questo libro anche per le poesie dedicate come quella per Alessandro Quasimodo, e penso che egli sia lusingato di come sia stato rappresentato in brevi e incisivi tratti sia fisicamente che nella sua umanità, quella per il nipote Edoardo che poi ritroveremo in una delle sue favole, e altre a Mario suo fratello e Camilla e così via.
Ancora una volta dunque ci troviamo di fronte ad una tipica poesia al femminile., di sguardi, corpi, sensualità, turbamenti,..ma con maggiore consapevolezza del dono d'amore ricevuto e non più ripetibile( come nella poesia : Tutto quello che non sei” e “ Colazione a sorpresa” dove minori sono gli slanci amorosi e maggiore è la dolcezza del ricordo, la ricerca di una sponda, oasi di rigenerazione delle sue ferite d'amore..
Che dire poi delle sue favole?
Un full immersion nella surreale e straripante fantasia fanciullesca con mondi e territori dalla “Città piangente”, alla “Contrada del melograno” in cui la sapiente regia dell'autrice ci porta in un sognante stupore e poi quella : “ Cavalletta con i capelli da medusa”, un racconto che affonda in una realtà parentale, appunto col nipote Edoardo, per poi dilatarsi nell'onirico spazio della favola.
Non bisogna neanche dimenticare la sua narrativa dell'inconscio e del subconscio rivelatasi soprendentemente con il suo libro “ Antichi sussurri”, dove fantastici, freudiani e liberatori spazi aprono e dilatano , distorcono orizzonti seguendo segrete, profonde, , taciute aspirazioni.
Dunque molto interessante questa serata, ma del resto è sempre così quando è in scena questa bella, giovanile signora dalla straripante capigliatura e dal sorriso da cui è impossibile non essere contagiati che è Rita Iacomino, la quale ancora una volta con la sua scrittura poetica, spontanea, istintiva, sincera, legata saldamente alle maglie della quotidianità ,agli atti, al procedere di una umanità viva e fragile nella carne e nello spirito , ci ha stregato.