La rupe del Biancospino romanzo di Rita Iacomino
Nota a cura di Dario Marelli
Rita nasce poetessa ma negli ultimi tempi ha voluto cimentarsi nella narrativa, prima con una raccolta di racconti “Antichi sussurri”, ora con questo romanzo “La rupe del Biancospino”.
In tutte queste prove si può riscontrare un filo conduttore comune: la solarità e l’amore per il mare che sono parte essenziale e manifesta della sua persona. Tutte le sue opere trabordano infatti di sole e di mare,
che sono presenza fisica esplicita ed implicita nel suo essere donna e scrittrice.
Rita traduce il sole e il mare che ha dentro nei suoi scritti, a volte velati di malinconia e di nostalgia, ma sempre pregni di quell’amore che rincorre, che sembra giocare con lei, ma che in fondo è sempre ben presente nella vita di ogni giorno. Non ci sarebbe Rita senza sole e mare e forse non ci sarebbero nemmeno
le sue opere.
Rita, si diceva, nasce poetessa ma ha dimostrato di sapere trasporre il proprio modo di fare poesia nella narrativa, attraverso racconti talvolta genialmente sorprendenti, che trovano ora il loro suggello nel romanzo “La rupe del biancospino”, non punto di arrivo, ma piuttosto nuovo punto di partenza di un percorso letterario in pieno svolgimento. Un romanzo gradevole, di indubbio impatto sia per quanto riguarda la trama che attraversa un secolo di storia italiana sia per quanto riguarda la forma, elegante e leggera.
Nella prefazione di Alessandro Quasimodo, suo mentore letterario, si trova una definizione che mi pare perfetta (e non poteva essere diversamente): “ Rita scrive con tocco leggero, sostenuto da una sorta di connaturata, piacevole ingenuità”.
Una connaturata, piacevole ingenuità che si manifesta in uno stile sincero, mai compiaciuto, che arriva in superficie direttamente dal fondo del suo cuore.
La Rupe del Biancospino è un romanzo di buoni sentimenti, a volte appunto ingenuo, ove l’amore, gli affetti, la famiglia, sono al primo posto, mentre il denaro, le preoccupazioni per il sostentamento e la povertà sono affidate alla misericordia di Dio, come una volta era più facile accadesse. C’è un qualcosa di “piccolo mondo antico”, di sapori perduti, di nostalgia dei valori sani che il tempo frenetico e consumista di
oggi sta bruciando sull’altare dell’opportunismo e della convenienza. E allora è piacevole percorrere questa
saga famigliare, che, come afferma Quasimodo nella prefazione, riporta in mente per certi versi “I Malavoglia” di Verga.
La trama si sviluppa attraverso capitoli molto brevi (1-2 pagine) che invogliano la lettura; questa scorre veloce e come capita nei “gialli” cattura l’attenzione del lettore e lo spinge a divorare le pagine per scoprire
cosa sta per accadere.
E credo fermamente che questo sia uno dei pregi della scrittura di Rita: la fruibilità al lettore comune, fruibilità che non significa banalità, ma piuttosto utilizzo di forme espressive semplici, mai ricercate o fini a
se stesse, bensì rivolte a comunicare quello che in fondo è parte del proprio cuore. In maniera chiara e diretta.
Rita ama parlare del suo paese, del suo mare, della sua gente, della sua stessa vita e lo fa con una storia di un tempo passato, una vicenda di straordinaria normalità, di persone che si vogliono bene e che la vita attraversa nel bene e nel male, portando gioie e dolori, in un’alternanza vorticosa di eventi lieti e drammatici, cosi come può accadere a chiunque. Una storia di straordinaria semplicità da leggere tutta di un fiato, certi che ci troverà attenti e ci lascerà nel cuore un ricordo piacevole.
Rita, donna vulcanica e di grande generosità, ci ha abituato a sorprendere. Lo ha fatto anche con questo libro, mettendosi in gioco e uscendo da quella zona di comfort che per lei è sempre stata la poesia lirica.
Godiamocelo.
Nota a cura di Dario Marelli
Rita nasce poetessa ma negli ultimi tempi ha voluto cimentarsi nella narrativa, prima con una raccolta di racconti “Antichi sussurri”, ora con questo romanzo “La rupe del Biancospino”.
In tutte queste prove si può riscontrare un filo conduttore comune: la solarità e l’amore per il mare che sono parte essenziale e manifesta della sua persona. Tutte le sue opere trabordano infatti di sole e di mare,
che sono presenza fisica esplicita ed implicita nel suo essere donna e scrittrice.
Rita traduce il sole e il mare che ha dentro nei suoi scritti, a volte velati di malinconia e di nostalgia, ma sempre pregni di quell’amore che rincorre, che sembra giocare con lei, ma che in fondo è sempre ben presente nella vita di ogni giorno. Non ci sarebbe Rita senza sole e mare e forse non ci sarebbero nemmeno
le sue opere.
Rita, si diceva, nasce poetessa ma ha dimostrato di sapere trasporre il proprio modo di fare poesia nella narrativa, attraverso racconti talvolta genialmente sorprendenti, che trovano ora il loro suggello nel romanzo “La rupe del biancospino”, non punto di arrivo, ma piuttosto nuovo punto di partenza di un percorso letterario in pieno svolgimento. Un romanzo gradevole, di indubbio impatto sia per quanto riguarda la trama che attraversa un secolo di storia italiana sia per quanto riguarda la forma, elegante e leggera.
Nella prefazione di Alessandro Quasimodo, suo mentore letterario, si trova una definizione che mi pare perfetta (e non poteva essere diversamente): “ Rita scrive con tocco leggero, sostenuto da una sorta di connaturata, piacevole ingenuità”.
Una connaturata, piacevole ingenuità che si manifesta in uno stile sincero, mai compiaciuto, che arriva in superficie direttamente dal fondo del suo cuore.
La Rupe del Biancospino è un romanzo di buoni sentimenti, a volte appunto ingenuo, ove l’amore, gli affetti, la famiglia, sono al primo posto, mentre il denaro, le preoccupazioni per il sostentamento e la povertà sono affidate alla misericordia di Dio, come una volta era più facile accadesse. C’è un qualcosa di “piccolo mondo antico”, di sapori perduti, di nostalgia dei valori sani che il tempo frenetico e consumista di
oggi sta bruciando sull’altare dell’opportunismo e della convenienza. E allora è piacevole percorrere questa
saga famigliare, che, come afferma Quasimodo nella prefazione, riporta in mente per certi versi “I Malavoglia” di Verga.
La trama si sviluppa attraverso capitoli molto brevi (1-2 pagine) che invogliano la lettura; questa scorre veloce e come capita nei “gialli” cattura l’attenzione del lettore e lo spinge a divorare le pagine per scoprire
cosa sta per accadere.
E credo fermamente che questo sia uno dei pregi della scrittura di Rita: la fruibilità al lettore comune, fruibilità che non significa banalità, ma piuttosto utilizzo di forme espressive semplici, mai ricercate o fini a
se stesse, bensì rivolte a comunicare quello che in fondo è parte del proprio cuore. In maniera chiara e diretta.
Rita ama parlare del suo paese, del suo mare, della sua gente, della sua stessa vita e lo fa con una storia di un tempo passato, una vicenda di straordinaria normalità, di persone che si vogliono bene e che la vita attraversa nel bene e nel male, portando gioie e dolori, in un’alternanza vorticosa di eventi lieti e drammatici, cosi come può accadere a chiunque. Una storia di straordinaria semplicità da leggere tutta di un fiato, certi che ci troverà attenti e ci lascerà nel cuore un ricordo piacevole.
Rita, donna vulcanica e di grande generosità, ci ha abituato a sorprendere. Lo ha fatto anche con questo libro, mettendosi in gioco e uscendo da quella zona di comfort che per lei è sempre stata la poesia lirica.
Godiamocelo.