La rupe del biancospino
(Romanzo di Rita Iacomino)
Commento critico a cura di Carmelo Consoli
poeta saggista scrittore critico letterario
presidente La Camerata dei Poeti di Firenze
Rita Iacomino non finisce mai di stupirci con la sua scrittura feconda, coinvolgente, con il suo eccletismo narrativo.
Dal suo primo libro di poesie “ Formato A4” al romanzo di oggi ha composto ben cinque volumi di cui tre di liriche e uno di racconti sempre con una varietà di tonalità, tematiche e sfumature che sorprende e si fa apprezzare.
Dal dialogo intimistico e di candida confessione della sua prima creazione passando dalla terra trasognata del “ E mi fingo poeta” dove si alternano riflessioni, abbandoni e ritorno, con amare considerazioni e tuffi nel passato fino all’inno all’amore, condito di ironia di “ Ostriche a mezzogiorno”.
Alla fase poetica segue quella narrativa con il volume di racconti “ Antichi sussurri”, una narrativa breve che ricorre alla magia del sogno, all’utilizzo dell’inconscio e del metafisico mentre medita da tempo l’idea del romanzo, con annesso grande affresco storico.
Vedete dunque come da un piccolo rivo di poesia si forma poi un grande fiume
di parole, emozioni, sentimenti, sottolineature di valori fondamentali e aperture al grande amore.
Rita scrive con la stessa disinvoltura, freschezza, cristallina sincerità e quindi in modo diretto, senza orpelli con il quale si approccia quotidianamente al suo prossimo, con una accattivante ingenuità, dimostrando una invidiabile naturalezza alla proiezione della parola poetica, ricca di empatia e condivisione e come pagina di vita di tutti i giorni che si pone al lettore nella gioia e nell’amarezza.
E’ il segreto del suo successo questo mettersi a nudo e nella purezza delle emozioni che tende sempre a raggiungere quell’amore naturale tra uomo e donna fatto di passioni e fragilità e che è canto di tutti e di tutti i giorni nello scorrere del tempo.
Sa bene Rita Iacomino che il lettore vuole e deve riconoscere la propia esistenza nelle passioni, nelle emozioni, nei sentimenti trasmessi dalla lettura di un libro e lei riesce benissimo e con grande facilità a raggiungere questo obbiettivo.
In questo fil rouge si innesta il romanzo “ La rupe del biancospino” un lungo respiro di ricordi e abbandoni al passato che diventa un po’ la storia di tutti noi, diciamo quelli in età matura, che abbiamo nei cassetti della memoria, ossia quella della nostra esistenza in cui la vita si srotola come in un flash-back di fotogrammi con le sue fragranze, cromie, con i luoghi mitici della giovinezza e i non luoghi dei contrasti e delle sofferenze, in un mondo per molti di noi povero ma dignitoso.
Un romanzo dalla cui trama centrale si diramano tante altre realtà umane e storiche e che affonda le sue radici in un lontano 1888 data di nascita della protagonista assoluta Camilla, nonna dell’autrice e prosegue nel corso di un novecento, vetrina e contenitore di uno spaccato esistenziale ampio e ricco di eventi in cui spiccano i due conflitti bellici mondiali con i loro disastri e le loro rinascite.
Un libro che si legge facilmente e con avidità, con i suoi 51 capitoli brevi e scorrevoli e che è molto di più di un semplice, seppur affascinante lungometraggio di eventi e immagini.
C’è infatti la volontà e la capacità dell’autrice di dare alla narrazione quel tocco di grande, forte umanità che le poi connaturale, in cui risaltare i grandi valori della dignità, dell’onestà, del coraggio, della amorevole comprensione di cui la protagonista Camilla è la massima espressione, circondata dai suoi nove figli, di cui una adottata.
Il libro è di grande respiro e si richiama ad altri grandi romanzi e arie della migliore arte del novecento, pensiamo al Verga dei malavoglia con il suo mare carico di bagliori e sofferenze, ma anche a un certo neorealismo all’italiana di rosselliliana memoria a cui si richiama con particolari di cruda e forte espressione come nel caso nei confronti del regime fascista.
E così si procede a leggerlo, con grande piacere tra le cromie e le fragranze di un Abruzzo che rimane nella sua intatta bellezza tra i monti della Maiella e del Gran Sasso ed il suo mare Adriatico , a tratti sinuoso a tratti aspro; un abitat e riparo di personaggi di straordinaria integrità e dignità, specchio di un Italia del sud coraggiosa, intraprendente, gelosa del proprio territorio e ricca di valori, ritualità con quella loro aspirazione a vivere dignitosamente e cristianamente la loro avventura esistenziale e di cui l'autrice si sente parte integrante e di forte appartenenza.
Un romanzo che la nostra Rita custodiva da tempo nella memoria troppo importante per identificare e dare certezza alla propria e altrui identità per essere lasciato incompiuto, che si dipana negli anni in cui maturava un Italia contadina e marinara avvolta in maggioranza nei valori di un sano socialismo e di una fede cattolica in cui dominavano famiglie di stampo matriarcale e che si pone oggigiorno davanti al nostro bivio esistenziale con un gretto ed egoistico mondo virtuale, come un ritorno ad un territorio di primitive fragranze, solidarietà e fedeltà.
Così va avanti la storia di Rita nella splendida scenografia del suo mare Adriatico e di quelle mitica rupe del biancospino che si può ammirare ancora oggi con lo straordinario personaggio di Camilla e del marito Rocco, con i loro otto figli naturali più Emma adottata da una famiglia di giostrai; umanità orgogliose e avvolte in una purezza arcana di sentimenti nel loro semplice ma faticoso procedere.
Ci sono all’interno del libro episodi che restano impressi nel cuore di chi legge come quelli in cui Camilla sfida coraggiosamente la prepotenza del regime fascista, oppure il suo altruismo durante i bombardamenti nel soccorrere le vittime e altri ancora che vi consiglio di leggere acquistando il suo avvincente libro.
Gli ultimi venti capitoli danno una decisiva svolta agli eventi con la storia bella e toccante di Gilda , una delle figlie di Camilla particolarmente avvenente e ribelle e ci introducono nella fase in cui si giunge alla comprensione della chiave di lettura dell’intero romanzo.
Allora concludo come sempre congratulandomi con Rita per la sua scrittura pregevole e di successo qualunque sia il suo percorso narrativo, e mi domando e le domando quale sarà il suo prossimo lavoro, perché ci sarà sicuramente un prossimo evento, una bella e nuova sorpresa che tutti noi ci aspettiamo da lei.
(Romanzo di Rita Iacomino)
Commento critico a cura di Carmelo Consoli
poeta saggista scrittore critico letterario
presidente La Camerata dei Poeti di Firenze
Rita Iacomino non finisce mai di stupirci con la sua scrittura feconda, coinvolgente, con il suo eccletismo narrativo.
Dal suo primo libro di poesie “ Formato A4” al romanzo di oggi ha composto ben cinque volumi di cui tre di liriche e uno di racconti sempre con una varietà di tonalità, tematiche e sfumature che sorprende e si fa apprezzare.
Dal dialogo intimistico e di candida confessione della sua prima creazione passando dalla terra trasognata del “ E mi fingo poeta” dove si alternano riflessioni, abbandoni e ritorno, con amare considerazioni e tuffi nel passato fino all’inno all’amore, condito di ironia di “ Ostriche a mezzogiorno”.
Alla fase poetica segue quella narrativa con il volume di racconti “ Antichi sussurri”, una narrativa breve che ricorre alla magia del sogno, all’utilizzo dell’inconscio e del metafisico mentre medita da tempo l’idea del romanzo, con annesso grande affresco storico.
Vedete dunque come da un piccolo rivo di poesia si forma poi un grande fiume
di parole, emozioni, sentimenti, sottolineature di valori fondamentali e aperture al grande amore.
Rita scrive con la stessa disinvoltura, freschezza, cristallina sincerità e quindi in modo diretto, senza orpelli con il quale si approccia quotidianamente al suo prossimo, con una accattivante ingenuità, dimostrando una invidiabile naturalezza alla proiezione della parola poetica, ricca di empatia e condivisione e come pagina di vita di tutti i giorni che si pone al lettore nella gioia e nell’amarezza.
E’ il segreto del suo successo questo mettersi a nudo e nella purezza delle emozioni che tende sempre a raggiungere quell’amore naturale tra uomo e donna fatto di passioni e fragilità e che è canto di tutti e di tutti i giorni nello scorrere del tempo.
Sa bene Rita Iacomino che il lettore vuole e deve riconoscere la propia esistenza nelle passioni, nelle emozioni, nei sentimenti trasmessi dalla lettura di un libro e lei riesce benissimo e con grande facilità a raggiungere questo obbiettivo.
In questo fil rouge si innesta il romanzo “ La rupe del biancospino” un lungo respiro di ricordi e abbandoni al passato che diventa un po’ la storia di tutti noi, diciamo quelli in età matura, che abbiamo nei cassetti della memoria, ossia quella della nostra esistenza in cui la vita si srotola come in un flash-back di fotogrammi con le sue fragranze, cromie, con i luoghi mitici della giovinezza e i non luoghi dei contrasti e delle sofferenze, in un mondo per molti di noi povero ma dignitoso.
Un romanzo dalla cui trama centrale si diramano tante altre realtà umane e storiche e che affonda le sue radici in un lontano 1888 data di nascita della protagonista assoluta Camilla, nonna dell’autrice e prosegue nel corso di un novecento, vetrina e contenitore di uno spaccato esistenziale ampio e ricco di eventi in cui spiccano i due conflitti bellici mondiali con i loro disastri e le loro rinascite.
Un libro che si legge facilmente e con avidità, con i suoi 51 capitoli brevi e scorrevoli e che è molto di più di un semplice, seppur affascinante lungometraggio di eventi e immagini.
C’è infatti la volontà e la capacità dell’autrice di dare alla narrazione quel tocco di grande, forte umanità che le poi connaturale, in cui risaltare i grandi valori della dignità, dell’onestà, del coraggio, della amorevole comprensione di cui la protagonista Camilla è la massima espressione, circondata dai suoi nove figli, di cui una adottata.
Il libro è di grande respiro e si richiama ad altri grandi romanzi e arie della migliore arte del novecento, pensiamo al Verga dei malavoglia con il suo mare carico di bagliori e sofferenze, ma anche a un certo neorealismo all’italiana di rosselliliana memoria a cui si richiama con particolari di cruda e forte espressione come nel caso nei confronti del regime fascista.
E così si procede a leggerlo, con grande piacere tra le cromie e le fragranze di un Abruzzo che rimane nella sua intatta bellezza tra i monti della Maiella e del Gran Sasso ed il suo mare Adriatico , a tratti sinuoso a tratti aspro; un abitat e riparo di personaggi di straordinaria integrità e dignità, specchio di un Italia del sud coraggiosa, intraprendente, gelosa del proprio territorio e ricca di valori, ritualità con quella loro aspirazione a vivere dignitosamente e cristianamente la loro avventura esistenziale e di cui l'autrice si sente parte integrante e di forte appartenenza.
Un romanzo che la nostra Rita custodiva da tempo nella memoria troppo importante per identificare e dare certezza alla propria e altrui identità per essere lasciato incompiuto, che si dipana negli anni in cui maturava un Italia contadina e marinara avvolta in maggioranza nei valori di un sano socialismo e di una fede cattolica in cui dominavano famiglie di stampo matriarcale e che si pone oggigiorno davanti al nostro bivio esistenziale con un gretto ed egoistico mondo virtuale, come un ritorno ad un territorio di primitive fragranze, solidarietà e fedeltà.
Così va avanti la storia di Rita nella splendida scenografia del suo mare Adriatico e di quelle mitica rupe del biancospino che si può ammirare ancora oggi con lo straordinario personaggio di Camilla e del marito Rocco, con i loro otto figli naturali più Emma adottata da una famiglia di giostrai; umanità orgogliose e avvolte in una purezza arcana di sentimenti nel loro semplice ma faticoso procedere.
Ci sono all’interno del libro episodi che restano impressi nel cuore di chi legge come quelli in cui Camilla sfida coraggiosamente la prepotenza del regime fascista, oppure il suo altruismo durante i bombardamenti nel soccorrere le vittime e altri ancora che vi consiglio di leggere acquistando il suo avvincente libro.
Gli ultimi venti capitoli danno una decisiva svolta agli eventi con la storia bella e toccante di Gilda , una delle figlie di Camilla particolarmente avvenente e ribelle e ci introducono nella fase in cui si giunge alla comprensione della chiave di lettura dell’intero romanzo.
Allora concludo come sempre congratulandomi con Rita per la sua scrittura pregevole e di successo qualunque sia il suo percorso narrativo, e mi domando e le domando quale sarà il suo prossimo lavoro, perché ci sarà sicuramente un prossimo evento, una bella e nuova sorpresa che tutti noi ci aspettiamo da lei.